6 Gennaio 2022
Recensione
Confessioni di un codardo
La mia pazzia (poesia)
a cura H.Edda Cacchioni
Editor Counselor
Artista Atleta
Leggere i libri di Bukowski equivale ad essere buttati nel mondo, nel suo punto di vista che senza eufemismi ne giri di parole racconta di se della sua vita. Una vita che in piena difficoltà è accolta dalla società, finalmente lo riconosce come scrittore e a pieno titolo artista eppur lui continua con semplicità e una probabile arroganza a vivere come ha sempre saputo fare, da scrittore.
In Confessioni di un codardo troviamo come un riassunto dei riassunti, ancora una volta schivo con gli altri e intransigente con se stesso. Si racconta con amabilità entusiasta eppur declama <<La gente non ha senso dell’umorismo, si prendono tutti così cazzutamente sul serio>> potremmo definirla una idea del suo tempo messa in un futuro che è poi il nostro presente ma che nel suo tempo era il suo presente. Ci illumina di come poco la società sia cambiata e qui in Italia sempre più americana ed europeista al punto di perdere la propria identità di ''un popolo di famiglia, ridente ed ospitale'' diventando ''cazzutamente serio''.
Un libro certamente da leggere con profondità di animo e realtà quotidiana.
Amare Charles Bukowski può apparire strano, lui sempre molto schietto mai arrivista. 1920-1994. Scrittore e poeta, figlio di migranti. Le origini polacche/tedesche si riconoscono nei suoi scritti seppur nato e cresciuto in America dove i genitori migrarono partendo dalla Germania. La sua infanzia fu difficile a causa delle sue origini e dell'acne espletandosi in timidezza che lo portò alla solitudine. I suoi scritti per la maggior parte sono autobiografici e trattano vari argomenti tra cui l'alcol e le sue storie di sesso ma anche le relazioni con gli altri. Nel settore della letteratura è catalogato nella sfera del Realismo Sporco.
da Confessioni di un codardo
La mia pazzia di Charles Bukowski
Per quasi tutta la vita
ho nascosto la mia pazzia,
dentro di me,
ma è qui esiste…
Gran parte della mia vita
da ragazzo e da adulto
l’ho passata in piccole stanze,
raggomitolato
a guardare le pareti
i pomelli dei comò
le persiane rotte…
finalmente,
a quarant’anni pubblicarono
il mio primo libro di poesie:
il fiore,
il pugno,
il gemito bestiale…
Sento ancora la follia
scorrermi dentro,
ma ancora
non ho scritto
le parole che avrei voluto,
la tigre
mi è rimasta sulla schiena.
Morirò
con addosso
quella figlia di puttana
ma almeno
le ho dato battaglia.
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«Tutti dobbiamo morire, tutti quanti, che circo! Non fosse che per questo dovremmo amarci tutti quanti e invece no, siamo schiacciati dalle banalità, siamo divorati dal nulla.»
(C. Bukowski, Il capitano è fuori a pranzo)